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Ciclista ubriaco? E’ guida in stato di ebrezza
Lo dicevamo già nel nostro Magazine del settembre 2015 che per il ciclista ubriaco scattano le stesse sanzioni anche penali per la guida in stato di ebrezza, alla luce del fatto che il velocipede è classificato dal Codice della Strada come veicolo e che lo stesso inferisce sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale.
Allora come oggi commentavamo una sentenza della IV Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione. La più attuale è la 6119/2018, dove il ciclista ricorrente ebro (e colpevole di aver causato un incidente stradale), già condannato dai giudici di merito, sosteneva che il consenso al prelievo ematico non poteva essere richiesto dal medico ma solo dall’autorità giudiziaria da cui proviene la domanda di eseguire l’accertamento.
I giudici delle leggi non accolgono il ricorso che viene ritenuto manifestatamente infondato, giacché il prelievo ematico effettuato dai sanitari ai fini della verifica del tasso alcolemico è utilizzabile anche in assenza di un consenso verbalmente espresso dall’interessato, purché quest’ultimo non abbia opposto un esplicito rifiuto.
Di seguito il testo integrale della sentenza:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
nato il
avverso la sentenza del 13/04/2015 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EMANUELE DI SALVO
Il P.G. DI NARDO MARILIA conclude per l’inammissibilità.
Udito il difensore
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6119 Anno 2018
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
- ricorre per cassazione avverso la sentenza
in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di
condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all’art. 186 cod.
strada.
- Il ricorrente deduce violazione di legge, poiché il consenso al prelievo
ematico non può essere richiesto dal medico ma soltanto dalla polizia
giudiziaria, da cui proviene la domanda di eseguire l’accertamento, non
trattandosi di un atto terapeutico. Così come è compito della polizia
giudiziaria redigere verbale dell’atto, in mancanza del quale l’accertamento è
invalido.
- Il ricorso è manifestamente infondato. Risulta, infatti, dalla sentenza
impugnata che l’imputato aveva causato un incidente, procedendo a zig-zag
e toccando con il manubrio del velocipede sul quale viaggia’ va, unitamente
ad un’altra persona, lo specchietto retrovisore di un’auto che aveva
affiancato, così cagionando la caduta a terra del veicolo. Orbene, in relazione
al caso di sinistro stradale, si è condivisibilnnente ritenuto, in giurisprudenza,
che il prelievo ematico effettuato dai sanitari, su richiesta della polizia
giudiziaria, ai fini della verifica del tasso alcolemico, sia utilizzabile anche in
assenza di un consenso verbalmente espresso dall’interessato, purché
quest’ultimo non abbia opposto un esplicito rifiuto (Cass., Sez. 4, n. 6755
del 6-11-2012, Rv. 254931; Cass., Sez. 4, n. 6786 del 23-1-2014). Ipotesi
quest’ultima integrante estremi di reato e certamente esulante dal caso in
disamina, atteso che risulta del tutto estranea alla regiudicanda la
contravvenzione di cui all’art. 187, comma 7, cod. strada.
- Dalle considerazioni appena formulate si evince anche la manifesta
infondatezza dell’assunto secondo il quale il consenso al prelievo ematico
debba necessariamente essere richiesto all’interessato dalla polizia
giudiziaria e non possa essere richiesto dal medico, che è il soggetto
incaricato di effettuare il prelievo. Abbiamo infatti appena visto come nessun
consenso debba essere richiesto né dalla polizia giudiziaria né dal medico, il
quale può senz’altro procedere al prelievo, a meno che non si trovi di fronte
a un rifiuto da parte dell’interessato. Né è dato comprendere sotto quale
profilo la mancanza di un verbale redatto dalla polizia giudiziaria possa
inficiare la validità dell’atto, atteso che l’effettuazione del prelievo è
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Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dimostrata dalla relativa certificazione sanitaria, al pari delle risultanze delle
conseguenti analisi. Così come l’eventuale rifiuto risulterà dalla relativa
attestazione del sanitario operante, che è un pubblico ufficiale, titolare di
poteri certificativi, ex art. 357 cod. pen.
- La manifesta infondatezza del ricorso ne determina l’inammissibilità, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila, determinata secondo equità, in favore della
Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 25-10-2017.