- De iure condito
Danno punitivo per pinocchio che ricorre in Cassazione
La Corte di Cassazione utilizza ratione temporis la novella del IV comma dell’art. 385 c.p.c. (abrogato dall’art. 46 comma 20, della legge 69/2009), e condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente oltre alle spese di lite anche l’ulteriore somma di € 5.000,00 a titolo di “danno punitivo”.
La pronuncia è la 3376 del 2016 della III Sezione Civile, Dott. Marco Rossetti Relatore Consigliere.
Il caso riguarda un automobilista che chiedeva il risarcimento delle lesioni patite, a suo dire, in conseguenza di un incidente stradale. Le richieste venivano rigettate dai giudici di prime cure che concludevano per l’incompatibilità dei danni lamentati con l’evento. Lapidaria e dello stesso segno anche la conclusione cui giunge la Corte di Cassazione, rinvenendo altresì profili di colpa grave nell’atteggiamento del ricorrente.
Cosi motivano gli Ermellini del Palazzaccio: “Ora, ritiene questa Corte che proporre ricorsi per cassazione dai contenuti così distanti per un verso dal diritto vivente, per altro verso dai precetti del codice di rito come costantemente e pacificamente interpretati dalle Sezioni Unite, costituisca di per sé un indice della colpa grave del ricorrente. Agire o resistere in giudizio con colpa grave significa infatti azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione; ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione; e comunque senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discussione con criteri e metodo di scientificità il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla singola fattispecie concreta.”