• De iure condito

Culpa in vigilando della scuola (e del Ministero) anche per i casi di bullismo

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MIUR
Gli ermellini del “palazzaccio” di Piazza Cavour ci avevano già ricordato con la n. 2657/03 della III sezione civile come “non sia sufficiente la sola dimostrazione di non essere stati in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva tutte le misure disciplinari od organizzative idonee ad evitare il sorgere di situazioni pericolose.”
 
Proprio da tali premesse muove l’orientamento della sezione decima civile del Tribunale di Milano, che ha emesso una sentenza, la 8081/13, con la quale condanna il MIUR a risarcire 10.000 euro per danni morali ad un adolescente vittima di episodi di bullismo avvenuti durante l’orario scolastico.
 
La sentenza del Tribunale di Milano ha allargato il concetto di culpa in vigilando rendendo insufficiente anche lo stesso principio della prevenzione: “i precettori e coloro che insegnano un mestiere od una arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza” (art. 2048 c.c. II co. del Codice Civile).
 
Là dove poi si tratti di docenti di una scuola pubblica, la responsabilità si estende anche alla pubblica amministrazione in virtù del principio organico ai sensi dell’art.28 della Costituzione.
Risulta oltremodo interessante anche la condanna al risarcimento di una somma di denaro utile all’eliminazione di un danno psicologico riscontrato dal nominato consulente tecnico di ufficio. Il giudice ha infatti ritenuto congrua la somma di  10.000,00 per sottoporsi ad un ciclo terapeutico utile a smantellare una sindrome, causata dall’aggressione e dalle percosse subite sulla persona dell’attore, descrivibile come “disturbo dell’adattamento con ansia ed umore misti e sua progressione verso un disturbo depressivo minore, cronico, poco più che moderato; fobia sociale, disturbo del ritmo circadiano del sonno tipo, fase del sonno ritardata, in soggetto con caratteristiche dipendenti ed evitanti di personalità”.