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Anche se rinuncia al risarcimento, il terzo trasportato non può testimoniare !

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“La vittima di un sinistro stradale è incapace ex art. 246 c.p.c a deporre nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da altra persona danneggiata in conseguenza del medesimo sinistro, a nulla rilevando che il testimone abbia dichiarato di rinunciare al risarcimento o che il relativo credito sia prescritto” (Sez. 3, Sentenza n. 19258 del 29/09/2015, Rv. 636973 — 01; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 16541 del 28/09/2012, Rv. 623759 — 01; Sez. 3, Sentenza n. 13585 del 21/07/2004, Rv. 575427 — 01; gioverà ricordare che il principio in questione rimonta addirittura a Sez. 3, Sentenza n. 1580 del 01/06/1974, Rv. 369751 — 01, secondo cui “la configurabilità in capo ad un soggetto di quell’interesse concreto ed attuale che sia idoneo ad attribuirgli, in relazione alla situazione giuridica che forma oggetto del giudizio, la legittimazione a chiedere nello stesso processo il riconoscimento di un proprio diritto o a contrastare quello da altri fatto valere e che lo rende incapace a testimoniare, dev’essere valutato indipendentemente dalle vicende che rappresentano un posterius rispetto alla configurabilità di quell’interesse; pertanto l’eventuale opponibilità della prescrizione cosi come non potrebbe impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto prescritto, cosi non può rendere tale soggetto carente dell’interesse previsto dall’art. 246 cod. proc civ come causa d’incapacità a testimoniare”.

Cosi tuonano gli ermellini della VI Sezione Civile della Corte di Cassazione con la pronuncia 12660 del 23 maggio 2018.

Ricorrevano per Cassazione i congiunti di una vittima di un pirata della strada, rimasto ignoto,  che avevano evocato in giudizio la compagnia designata dal  Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, per vedersi riconosciuto il risarcimento dei danni da rottura del rapporto parentale per la scomparsa del conducente.

Sia i giudici di prime cure del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che quelli della Corte d’Appello del Tribunale di Napoli rigettavano la domanda per difetto di prova del fatto storico. Gli attori infatti confidavano nella valorizzazione della testimonianza del trasportato, pure lesionato nell’occorso, ma che rinunciava al proprio diritto al risarcimento per conquistare la dignità e attendibilità della propria testimonianza.

Non sono stati dello stesso avviso i togati di Piazza Cavour che confermano (quello che pare un orientamento granitico e mai messo in discussione dal 1974) che tale incapacità persiste anche nell’ipotesi in cui il testimone abbia espressamente rinunciato al risarcimento del danno ovvero quando tale diritto risulti prescritto. Nel caso di specie, quindi, detta incapacità non ha natura soggettiva, in quanto non si tramuta in una valutazione sull’attendibilità, o meno, del chiamato a deporre, bensì in una situazione oggettiva di incapacità afferente il thema decidendum.

Vogliamo quindi chiudere l’articolo con la nostra consueta REGOLA D’ORO DI STUDIO MG:

prima di intraprendere una lunga e dispendiosa lite giudiziaria occorre verificare, affidandosi al professionista giusto (che non è detto che sia per forza quello conosciuto da tempo al quale ci siamo rivolti per questioni distanti dal diritto civile e in particolare dal risarcimento del danno per fatto illecito del terzo), le probabilità di successo della stessa. Partendo proprio dalla prova del fatto storico, prima del quantum. Non affidandoci solo al buon senso o a questioni di “principio”. Di sensazioni di cosa è giusto e cosa no. Ma, affidandosi all’esperienza del professionista qualificato e alla sua conoscenza del diritto (nella specifica materia) e della letteratura. Altrimenti il rischio è che la beffa, superi il danno.