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Incidente in stato di ebrezza, l’aggravante scatta anche in assenza di danni

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guida-ebbrezza1Il comma IIbis  dell’art. 186 del Codice della Strada prevede il raddoppio delle sanzioni per il conducente ebro che provoca un incidente stradale oltre alle sanzioni accessorie quali il fermo amministrativo del veicolo o la revoca della patente quando il tasso alcolemico accertato superi 1,5 grammi per litro.

La Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, con la sentenza nr 38203 del 14 settembre 2016, chiarisce la definizione di incidente stradale ai fini dell’applicazione dell’aggravante prevista dal citato articolo del codice della strada dopo il ricorso di un conducente ebro di un veicolo che è riuscito a non cagionare danni a terzi a seguito di una autonoma uscita di strada.

Ecco la definizione, ovviamente ai fini dell’applicazione della predetta norma del Codice della Strada:

Nel caso di specie, la nozione di “incidente stradale” (nell’accezione rilevante nella prospettiva di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis) risulta sottoposta a un’adeguata elaborazione interpretativa ad opera di questa Corte di legittimità, che ne ha evidenziato il ricorso in qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività, senza che assuma rilevanza l’avvenuto coinvolgimento di terzi o di altri veicoli (Cass., Sez. 4, n. 47276/2012, Rv. 253921). In particolare, ai fini dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, nella nozione di incidente stradale sono da ricomprendersi, tanto l’urto dei veicolo contro un ostacolo, quanto la sua fuoriuscita dalla sede stradale; a tal fine, non sono, invece, previsti ne’ i danni alle persone ne’ i danni alle cose, con la conseguenza che è sufficiente qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (Cass., Sez. 4, n. 42488/2012, Rv. 253734; v. altresì Cass., Sez. 4, n. 6381/2011).”

Veniva pertanto rigettato il ricorso del ricorrente.

Di seguito il testo integrale della sentenza.

 

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 7 luglio – 14 settembre 2016, n. 38203

Presidente Romis – Relatore D’Isa

Ritenuto in fatto P.E. ricorre per cassazione avverso la sentenza, indicata in epigrafe, del GIP del Tribunale di Trento, emessa a seguito di giudizio abbreviato, di condanna in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza di cui al secondo comma dell’art. 186 del C.d.S. aggravato, ai sensi del comma 2 bis dello stesso articolo, per avere provocato un incidente stradale. Con un unico motivo si denunciano violazione di legge, nella specie degli artt. 141, 161, 186 e 189 dei C.d.S., e vizio di motivazione relativamente alla sussistenza dell’aggravante dell’incidente stradale e ciò al fine dei rigetto della richiesta dell’applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, evidenziando che il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che l’asserito incidente non ha provocato danni a persone o cose, né collisioni con altri veicoli o arredo stradale, né uscita di strada, poiché l’auto guidata dal P. si è fermata sulla banchina che fa parte della strada, senza invadere la semicarreggiata opposta ed era ben visibile dagli altri guidatori da entrambi i sensi di marcia. Considerato in diritto Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo che lo sorregge. Va preliminarmente osservato che, avendo il ricorrente scelto di ricorrere in cassazione avverso la sentenza del primo giudice “per saltum”, ai sensi dell’art. 569 cod. proc. pen., si deve ritenere che il motivo su cui si basa principalmente il ricorso è quello relativo alla denunciata violazione di legge circa l’interpretazione della norma di cui al comma 2 bis dell’art. 186 dei C.d.S., atteso che i motivi relativi al vizio di motivazione non sono ammissibili ai sensi dell’art. 569, comma 3 cod. proc. pen.. E’ del tutto ovvio che, al di là del nome attribuito dal ricorrente al vizio con cui si censura la sentenza impugnata, questa Corte è tenuta a rilevare se effettivamente, nel caso di ricorso ex art. 569 cod.proc.pen. trattasi di violazione di legge e non di vizio di motivazione, in quanto se tale fosse sostanzialmente la censura gli atti dovrebbero essere rimessi al giudice di appello (art. 569, co. 3 cod.proc.pen.). La censura oggetto dei ricorso involge l’interpretazione del concetto di “incidente stradale” ai fini della configurazione dell’aggravante di cui al comma 2 bis dell’art. 186 dei C.d.S.., ed è evidente che trattasi di questione di diritto e non di fatto, con la conseguenza che la errata interpretazione della norma implica una violazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen.. Ebbene, la motivazione in diritto sul punto dell’impugnata sentenza è pienamente da condividere in quanto conforme al dettato normativo ed alla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 4, Sentenza n. 31360 del 04/07/2013 Ud.,Rv. 256836. E’ innanzitutto da rilevare, in fatto, che il Tribunale ha evidenziato, e la circostanza non viene contestata dall’imputato, che questi, alla guida della sua autovettura, si è trovato sul bordo destro della carreggiata che percorreva, in maniera tale da andare ad ostruire parzialmente un tornante, in ragione del fatto che egli aveva perso il controllo dell’autovettura. Ciò posto non assume alcun rilievo il fatto che si sia fermato sulla banchina senza procurare danni a persone o cose, ciò che rileva, come argomenta il primo giudice, è che la condotta di guida è stata inattesa, non regolare ed ha interrotto il normale svolgimento della circolazione del veicolo, con una potenziale turbativa del traffico e pericolo per l’utenza, avendo occupato parzialmente la carreggiata in prossimità di un tornante. Sul punto, quanto all’interpretazione da dare al concetto di “incidente stradale” utilizzato dal richiamato comma 2 bis dell’art. 186 del C.d.S., questa Sezione della Corte (V sentenza già indicata) ha evidenziato come non incomba sul legislatore il dovere di procedere a una puntuale definizione dei termini e delle nozioni utilizzate nella strutturazione logica delle norme, là dove il significato di quei termini o di quelle nozioni appare agevolmente (o ragionevolmente) desumibile attraverso le operazioni di interpretazione del linguaggio, comune o più specificamente tecnico, istituzionalmente rimesso ai compiti del giudice. Nel caso di specie, la nozione di “incidente stradale” (nell’accezione rilevante nella prospettiva di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis) risulta sottoposta a un’adeguata elaborazione interpretativa ad opera di questa Corte di legittimità, che ne ha evidenziato il ricorso in qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività, senza che assuma rilevanza l’avvenuto coinvolgimento di terzi o di altri veicoli (Cass., Sez. 4, n. 47276/2012, Rv. 253921). In particolare, ai fini dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, nella nozione di incidente stradale sono da ricomprendersi, tanto l’urto dei veicolo contro un ostacolo, quanto la sua fuoriuscita dalla sede stradale; a tal fine, non sono, invece, previsti ne’ i danni alle persone ne’ i danni alle cose, con la conseguenza che è sufficiente qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (Cass., Sez. 4, n. 42488/2012, Rv. 253734; v. altresì Cass., Sez. 4, n. 6381/2011). Sulla base di tali premesse, deve ritenersi pertanto adeguatamente configurata la nozione di incidente stradale rilevante ai fini del riscontro della circostanza aggravante oggetto dell’odierno esame, spettando al giudice il compito di accertare l’effettivo ricorso di un inatteso avvenimento concretamente e significativamente idoneo a interrompere (o comunque a turbare) il normale svolgimento della circolazione stradale e di rilevare la potenziale idoneità dello stesso a determinare un qualunque pericolo o danno alla collettività, al fine di attestare la concreta ed effettiva maggiore pericolosità (e la conseguente meritevolezza di un deteriore trattamento sanzionatorio) del reato di guida in stato di ebbrezza, là dove circostanziato dalla provocazione di un incidente da parte del reo. Alla definizione così ricostruita sul terreno dell’elaborazione giurisprudenziale, è appena il caso di associare, sul piano della valutazione della concreta riconducibilità dell’evento al fatto del reo, l’esigenza dell’inequivoco riscontro di un obiettivo nesso di strumentalità-occasionalità tra lo stato di ebbrezza del reo e l’incidente dallo stesso provocato, non potendo certamente giustificarsi l’inflizione di un deteriore trattamento sanzionatorio a carico dei guidatore che, pur procedendo illecitamente in stato di ebbrezza, sia stato coinvolto in un incidente stradale di per sè oggettivamente imprevedibile e inevitabile e in ogni caso privo di alcuna connessione con lo stato di ebbrezza del soggetto (nel senso che la nozione di incidente stradale rilevante ai fini della norma de qua debba assumersi quale elemento “sintomatico” di uno stato di alterazione psicofisica del conducente coinvolto v. Cass., Sez. 4, n. 10605/2012). Nel caso di specie, la doglianza avanzata dal ricorrente – in ordine all’effettivo adempimento, da parte dei giudici del merito, del concreto accertamento dei ridetti requisiti della significativa interruzione (o dei turbamento) della circolazione stradale, della (sia pure potenziale) pericolosità dell’incidente riscontrato e della sua riferibilità al fatto dell’imputato – deve ritenersi in manifestamente, essendosi posto in evidenza come lo stesso avesse perso il controllo dell’autovettura, fermandosi sul bordo della strada ed occupando parzialmente la carreggiata con una situazione di pericolo per gli altri utenti. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.