• De iure condito

Il caso fortuito esclude la responsabilità anche a scuola! Sia di natura contrattuale che extracontrattuale.

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La natura del rapporto tra l’alunno e la scuola è di tipo contrattuale, da contatto sociale. Pertanto se il danno è autoprocurato  dall’alunno stesso, può escludersi l’applicabilità dell’art 2048 comma 2, che prevede una presunzione di responsabilità a carico dell’insegnante per i danni cagionati da fatto illecito degli allievi.  A stabilirlo sono gli ermellini, con l’ordinanza nr 24835 del 24.11.2011. Che comunque esclude la responsabilità dell’istituto quando il fatto è imputabile a caso fortuito.
“Questa Corte ha, infatti ritenuto che la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale bensì contrattuale, atteso che – quanto all’istituto scolastico – l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che – quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e dell’insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod.civ. (cass. n. 24456/05). Dal punto di vista dell’onere probatorio, ciò comporta che mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnane (cfr. Cass. n. 24456/05; cass. 8067/07).”
Di seguito la sentenza

…omissis…
Resiste con controricorso il Ministero intimato.
2.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., in relazione agli art. 2697 c.c. e 184 c.p.c., lamentando che, una volta inquadrata la responsabilità nell’ambito contrattuale, competeva alla p.a. fornire la prova che il fatto non era imputabile né alla scuola né all’insegnante; che tale prova del caso fortuito non era stata fornita dalla amministrazione.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l’insufficiente e contraddittoria motivazione per erronea valutazione delle risultanze probatorie relativamente a fatto controverso e decisivo per il giudizio.
3. I motivi, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
Il primo motivo è manifestamente infondato e il secondo è inammissibile.
Trattandosi di danno auto procuratosi (la corte di appello ha ritenuto che sul punto dell’autolesione si era verificato il giudicato e ciò non è stato impugnato), va escluso che alla fattispecie si possa applicare il disposto dell’art. 2048 comma 2 c.c., che prevede una presunzione di responsabilità a carico dell’insegnante per i danni cagionati da fatto illecito degli allievi, ma trattandosi di incidente avvenuto durante il tempo di affidamento dell’alunno alla struttura scolastica, alla responsabilità contrattuale della scuola (cfr. cass. S.U. 9346/02). Questa Corte ha, infatti ritenuto che la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale bensì contrattuale, atteso che – quanto all’istituto scolastico – l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che – quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e dell’insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod.civ. (cass. n. 24456/05). Dal punto di vista dell’onere probatorio, ciò comporta che mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnane (cfr. Cass. n. 24456/05; cass. 8067/07).
Sennonché nella fattispecie la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio, rilevando che nella fattispecie risultava provato che il fatto si era realizzato per caso fortuito, in quanto la sorveglianza di ben 2 insegnanti e di un bidello nelle circostanze di causa era assidua ed oculata e che l’incidente si verificò per causa fortuita, sottratta al controllo degli addetti alla sorveglianza.
4. Diversa questione è se la corte territoriale abbia fatto corretta valutazione del materiale probatorio. A tal fine va premesso che la valutazione delle prove compete al giudice di merito, residuando alla corte in sede di sindacato di legittimità solo la possibilità di accertare eventuali vizi motivazionali nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.
Tale vizio motivazionale è appunto censurato con il secondo motivo di ricorso.
Sennonché esso è inammissibile per mancato rispetto del principio di autosufficienza del ricorso.
Qualora, con il ricorso per Cassazione, venga dedotta l’omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata o insufficiente valutazione di risultanze processuali (un documento, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti, accertamenti del c.t., ecc), è necessario al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi – ove occorra, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (Cass. 28/06/2006, n. 14973; cass 23.3.2005, n. 6225; cass 23.1.2004, n. 1170).
Nella fattispecie non risulta trascritto il contenuto delle risultanze processuali che si assumono erroneamente o insufficientemente valutate.”
Ritenuto:
che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione, che non risultano superati dalle osservazioni mosse dai ricorrenti con la memoria;
che conseguentemente va rigettato il ricorso;
che permangono i giusti motivi individuati dal giudice di appello per la compensazione delle spese processuali;
P.Q.M.
Visto l’art. 375 c.p.c.
Rigetta il ricorso, compensa le spese del giudizio di cassazione.
Depositata in Cancelleria il 24.11.2011