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De iure condito: “Il conducente ebro non è sempre responsabile”

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guida in stato di ebrezzaGli ermellini di Piazza Cavour ci ricordavano con la sentenza 14 marzo 2013, n. 6548 che “la circostanza che il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale avesse, al momento del fatto, un tasso alcolemico superiore a quello massimo consentito dalla legge costituisce una presunzione iuris tantum della sua responsabilità nella causazione dell’evento, che può essere superata attraverso la prova concreta che il sinistro non sia stato causato dallo stato di ebbrezza del conducente”.

E proprio su tale principio hanno ribadito le motivazioni della più recente pronuncia nr 22238 del 20 ottobre 2014 della Terza Sezione Civile. Il caso riguardava la responsabilità esclusiva (cosi decideva il Tribunale di Appello) del conducente di un autocarro che provenendo da un parcheggio privato mancava il rispetto dell’obbligo di precedenza, immettendosi nella circolazione e collideva con un autoveicolo che sopraggiungeva il cui conducente risultava poi essere in stato di ebrezza.

La Cassazione conferma la validità della pronuncia della Corte di Appello di Milano asserendo che : “la presunzione iuris et de iure – posta alla base della norma sanzionatoria ed incriminatrice di cui all’art. 186 cod. strada (che unicamente assume rilievo nella fattispecie, per il rapporto di specialità che sussiste tra essa e la generica norma incriminatrice di cui all’art. 688 cod. pen.) – secondo cui lo stato di ebbrezza sussiste ogni qual volta venga superato il tasso soglia, non legittima affatto “il ricorso a schemi presuntivi di alcun genere nell’indagine sulle cause di un incidente, posto che il carattere indiziante del superamento del tasso soglia può essere completamente svalutato nel concorso di altri fattori indicativi della sua sostanziale inoffensività” (cosi la citata Cass. n. 6548 del 2013). L’apprezzamento rimesso al giudice di merito in siffatto contesto è di fatto e, dunque, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. 

A tale principio si è attenuta la Corte territoriale, la quale non ha negato la valenza penalistica (o, comunque, di tipo sanzionatorio, anche sul piano amministrativo) dello stato di ebbrezza del L. , ma ha contestualizzato la condotta tenuta dal medesimo in quel determinato stato, rilevando, con motivazione di stretto merito e priva di vizi logici, che le condizioni psico – fisiche determinate dall’ubriachezza non avevano affatto influito causalmente sulla determinazione dell’incidente, giacché – a fronte di una manovra improvvisa ed imprevedibile di immissione dell’autocarro da un parcheggio privato su una strada statale ad intensa percorrenza – il L. era stato in grado di percepire il pericolo e attuare repentinamente una frenata del proprio automezzo, seppur inutilmente.

Di seguito il testo integrale della sentenza

Corte di Cassazione, sezione III Civile

sentenza 17 luglio – 20 ottobre 2014, n. 22238 Presidente Salmè – Relatore Vincenti

Il giudice di primo grado riteneva che il sinistro fosse stato determinato per colpa esclusiva dello G. , il quale si era immesso sulla strada stradale “provenendo da un parcheggio privato senza concedere la precedenza ai veicoli transitanti su detta strada”, non essendo, poi, provata l’elevata velocità tenuta dal L. , “il cui stato di ubriachezza non aveva contribuito al verificarsi del sinistro”.
2. – Il gravame interposto da G.S. avverso tale decisione veniva rigettato dalla Corte di appello di Milano con sentenza resa pubblica il 12 novembre 2009.
2.1. – La Corte territoriale, in forza delle risultanze emergenti dal rapporto della polizia stradale sull’incidente e dell’allegata planimetria, riteneva che la dinamica del sinistro fosse stata quella per cui il G.S, “provenendo dal piazzale privato di un centro commerciale”, aveva iniziato ad immettersi sulla strada statale per Asti “senza concedere la precedenza ai veicoli che stavano transitando su detta strada” e, allorquando era ancora “in posizione obliqua e con la parte anteriore che aveva appena ingombrato la carreggiata subito dopo l’uscita del piazzale”, veniva urtato “nella ruota anteriore sinistra dalla parte anteriore destra dell’autovettura” del L. , “proveniente sulla S.S. dalla sua sinistra”.
2.2. – Di qui l’esclusiva responsabilità del G. nella causazione dell’incidente, essendosi immesso “in una strada intensamente trafficata non solo omettendo di concedere la precedenza nonostante provenisse da un parcheggio privato, ma comunque senza prestare attenzione ai veicoli provenienti dalla sua sinistra”, con ciò rappresentando “un ostacolo improvviso ed imprevedibile per l’autovettura del convenuto”. Per altro verso, soggiungeva il giudice di appello, “nessuna efficienza causale” poteva “essere attribuita alla condotta di guida del L. né al suo stato di ebbrezza”, non essendo risultato provato che procedesse a “velocità inadeguata alle condizioni di tempo e di luogo (ora notturna e traffico intenso)” – essendogli stata revocata, peraltro, la “contravvenzione all’art. 141, commi 3 e 8, C.d.S.” -, né avendo il suo stato di ebbrezza “inciso sulla possibilità di una corretta condotta di guida né sulla prontezza di riflessi e sulla capacità di rispondere agli stimoli e neppure sulla veloce percezione del pericolo”, come era dimostrato dal fatto che egli, nonostante l’ostacolo improvviso ed imprevedibile costituito dall’autocarro, era “stato in grado di frenare tempestivamente anche se inutilmente”.
2.3. – La Corte territoriale rilevava, infine, che “le annotazioni contenute nel rapporto in merito all’eventuale responsabilità del L. ” rappresentavano “mere valutazioni soggettive dei verbalizzanti” e la circostanza che lo stesso L. non si fosse presentato a rendere l’interrogatorio formale deferitogli, senza addurre giustificazioni, non poteva reputarsi come “implicita ammissione dei fatti dedotti nei capitoli”, giacché “gli elementi di valutazione acquisiti in causa” consentivano “di affermare comunque la responsabilità esclusiva del G. “.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre G.S. sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso la UBI Assicurazioni S.p.A., già B.P.U. Assicurazioni S.p.A., mentre non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimato L.C. .
4. – La causa è pervenuta all’udienza del 17 luglio 2014 a seguito fissazione conseguente alla rimessione in pubblica udienza disposta dalla Sesta sezione civile – 3 di questa Corte all’esito della camera di consiglio del 12 gennaio 2012.
La Corte territoriale, nel ritenere che lo stato di ebbrezza del L. (pari ad un tasso alcolemico di 171,8 mg., di gran lunga superiore a quello consentito dal codice della strada) non avesse inciso nella causazione del sinistro, avrebbe violato la norme sopra indicate, posto che la guida in stato di ebbrezza è sanzionata anche penalmente e “costituisce sempre e comunque un pericolo”, sicché il sinistro non sarebbe accaduto se il L. “non avesse guidato in quello stato”.
1.1. – Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che “la circostanza che il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale avesse, al momento del fatto, un tasso alcolemico superiore a quello massimo consentito dalla legge costituisce una presunzione iuris tantum della sua responsabilità nella causazione dell’evento, che può essere superata attraverso la prova concreta che il sinistro non sia stato causato dallo stato di ebbrezza del conducente”. (Cass., 14 marzo 2013, n. 6548).
In altri termini, la presunzione iuris et de iure – posta alla base della norma sanzionatoria ed incriminatrice di cui all’art. 186 cod. strada (che unicamente assume rilievo nella fattispecie, per il rapporto di specialità che sussiste tra essa e la generica norma incriminatrice di cui all’art. 688 cod. pen.) – secondo cui lo stato di ebbrezza sussiste ogni qual volta venga superato il tasso soglia, non legittima affatto “il ricorso a schemi presuntivi di alcun genere nell’indagine sulle cause di un incidente, posto che il carattere indiziante del superamento del tasso soglia può essere completamente svalutato nel concorso di altri fattori indicativi della sua sostanziale inoffensività” (cosi la citata Cass. n. 6548 del 2013). L’apprezzamento rimesso al giudice di merito in siffatto contesto è di fatto e, dunque, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
A tale principio si è attenuta la Corte territoriale, la quale non ha negato la valenza penalistica (o, comunque, di tipo sanzionatorio, anche sul piano amministrativo) dello stato di ebbrezza del L. , ma ha contestualizzato la condotta tenuta dal medesimo in quel determinato stato, rilevando, con motivazione di stretto merito e priva di vizi logici, che le condizioni pisco-fisiche determinate dall’ubriachezza non avevano affatto influito causalmente sulla determinazione dell’incidente, giacché – a fronte di una manovra improvvisa ed imprevedibile di immissione dell’autocarro da un parcheggio privato su una strada statale ad intensa percorrenza – il L. era stato in grado di percepire il pericolo e attuare repentinamente una frenata del proprio automezzo, seppur inutilmente.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta omesso ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia.
La Corte di appello avrebbe ritenuto non provato che il L. procedesse a velocità inadeguata, là dove invece i verbalizzanti avevano affermato il contrario. Inoltre, il giudice di appello non avrebbe tenuto conto che proprio lo stato di ebbrezza aveva comportato che il conducente dell’autovettura frenasse soltanto a tre metri dall’autocarro, mancando, quindi, “di valutare le distanze” proprio per le sue condizioni psico-fisiche. Erronee sarebbero poi le considerazioni della Corte territoriale in ordine alle valutazioni soggettive dei verbalizzanti, essendo il rapporto della polizia stradale basatosi “su circostanze di fatto” e “vere e proprie constatazioni derivanti dalla dinamica del sinistro”.
3. – Con il terzo mezzo è prospettata violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., nonché difetto di motivazione “sul punto”.
La Corte territoriale avrebbe errato nel non applicare la presunzione di colpa di cui all’art. 2054 cod. civ., mancando di considerare l’incidenza avuta nel sinistro dallo stato di ebbrezza del L. , il quale non poteva ritenersi esente da qualsivoglia responsabilità, essendo “pacificamente emerso e dimostrato che lo stesso circolasse a velocità elevata… ed abbia frenato a soli tre metri dall’ostacolo”.
5. – Il secondo e terzo motivo – congiuntamente scrutinabili – non possono trovare accoglimento.
Con essi il ricorrente, lungi dal denunciare, in coerenza con il paradigma di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., un vizio di motivazione della sentenza impugnata (in entrambi i motivi) ovvero, secondo lo schema del n. 3 dello stesso art. 360, un error in indicando (nel solo terzo motivo), propone una lettura alternativa – ed a sé favorevole – delle risultanze probatorie, surrogandosi (in modo inammissibile) al potere che in tal ambito è riservato al solo giudice del merito. Ciò, peraltro, sovvertendo l’accertamento stesso al quale è pervenuta la Corte territoriale (che ha escluso che vi fosse prova di una condotta di guida imprudente ed a velocità eccessiva) o in parte mutilandolo (là dove: si manca di correlare, come aveva fatto il giudice del merito, il breve spazio di frenata all’improvviso e repentino immettersi dell’autocarro sulla strada statale; ovvero, si cerca di superare la chiara distinzione operata in sentenza tra elementi valutativi ed elementi di fatto presenti nel verbale della polizia stradale).
4. – Con il quarto mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 232 cod. proc. civ., nonché difetto di motivazione “sul punto”.
La Corte di appello avrebbe errato nell’escludere ogni effetto alla mancata risposta del L. all’interrogatorio formale, quantomeno in termini di concorso di colpa nella determinazione del sinistro.
4.1. – Il motivo è infondato (anche a prescindere dalle sue carenze in termini di autosufficienza, non avendo il ricorrente trascritto quale fosse il contenuto dei capitoli dell’interrogatorio formale: cfr. Cass., 3 marzo 2009, n. 5043), essendo la Corte territoriale, in armonia con quanto dispone l’art. 232, primo comma, cod. proc. civ., giunta al convincimento — logicamente motivato e, come tale, insindacabile – che gli elementi di prova raccolti fossero già di per sé sufficienti ed adeguati a far ritenere sussistente la esclusiva responsabilità del G. nella causazione del sinistro, cosi da rendere irrilevante il peso probatorio dell’ingiustificata mancata risposta del L. all’interrogatorio formale, da valutarsi, per l’appunto, nel contesto delle risultanze istruttorie acquisite (in tale prospettiva, tra le altre, Cass., 14 febbraio 2007, n. 3258; Cass., 26 aprile 2013, n. 10099).
5. – L’infondatezza del ricorso consente di evitare in ogni caso una rimessione in termini della parte ricorrente al fine di permetterle di depositare l’avviso di ricevimento relativo alla notificazione del ricorso nei confronti dell’intimato L.C. , litisconsorte necessario totalmente vittorioso. Ciò alla luce del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo, che impone al giudice di evitare un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti (tra le tante, Cass., 17 giugno 2013, n. 15106).
6. – Il ricorso va, dunque, rigettato il ricorrente, in quanto soccombente, condannato al pagamento, in favore della controricorrente compagnia di assicurazioni, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo; nulla è da disporsi a tale riguardo nei confronti dell’intimato L. .

Ritenuto in fatto

  1. – Il Tribunale di Milano, con sentenza dell’aprile 2005, rigettava la domanda proposta da G.S. per sentir condannare solidalmente L.C. e la B.P.U. Assicurazioni S.p.A. al risarcimento dei danni patiti a seguito del sinistro occorsogli il (omissis) , allorquando, immessosi nella circolazione stradale di (omissis) della S.S. n. (…) in (…) alla guida del proprio autocarro, veniva tamponato dall’autovettura di proprietà del L. e dal medesimo condotta in stato di ebbrezza e ad elevata velocità.

Considerato in diritto

  1. – Con il primo mezzo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 186 cod. strada e 688 cod. pen..

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della UBI Assicurazioni S.p.A., in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.