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Il danno alla salute è un danno dinamico relazionale

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Interessante e illuminante pronuncia della Corte di Cassazione, terza sezione civile, la nr 07513 del 201 che assume che il danno alla salute non comprende pregiudizi dinamico relazionali, piuttosto è esso stesso un danno dinamico relazionale e consiste nella compromissione delle abilità della vittima nello svolgimento delle attività quotidiane tutte, nessuna esclusa: dal fare, all’essere, all’apparire.

Ne consegue che la risarcibilità della personalizzazione del danno biologico non può adoperarsi quando le conseguenze del danno sono necessariamente comuni a tutte le persone che dovessero  patire quel particolare tipo di invalidità. Ma solo allorquando le stesse conseguenze abbiamo reso il pregiudizio della vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili.

Di seguito il ragionamento che ha condotto gli ermellini del palazzaccio a tali conclusioni:

“Il danno non patrimoniale derivante da una lesione della salute è per convenzione liquidato assumendo a base di calcolo il grado percentuale di invalidità permanente. Il dadi invalidità permanente è determinato in base ad apposite tabelle predisposte con criteri medico legali: talora importe dalla legge e vincolanti (come nel caso dei danni derivanti da infortuni sul lavoro, da sinistri stradali o da colpa medica con esiti micropermanenti), talora lasciate alla libera scelta del giudicante.

La redazione d’una tabella delle invalidità (baréme) è un’opera complessa, che parte dalla statistica e perviene ad esprimere, con una numero percentuale, la sintesi di tutte le conseguenze ordinarie che una determinata menomazione deve presumersi riverberi sulle attività comuni ad ogni individuo.

E’ infatti autorevole e condiviso, in medicina legale, l’insegnamento secondo cui “non ha più ragion d’essere l’idea che il danno biologico abbia natura meramente statica”; che “per danno biologico deve intendersi non la semplice lesione all’integrità psicofisica in sé e per sé, ma piuttosto la conseguenza del pregiudizio stesso sul modo di essere della persona (…); Il danno biologico misurato percentualmente è pertanto la menomazione all’integrità psicofisica della persona la quale esplica una incidenza negativa sulle attività ordinarie intese come aspetti dinamico – relazionali comuni a tutti”.

In questo senso si espresse già quasi vent’anni fa (ma inascoltata) la Società …… , la qual in esito al Congresso nazionale tenuto nel 2001 definì il danno biologico espresso nella percentuale di invalidità permanente, come la menomazione (…) all’integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspettti personali dinamico-relazionali (…), espressa in termini di percentuale della menomazione dell’integrità psicofisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti”.

La conclusione è che, quando un baréme medico legale suggerisce per una certa menomazione un grado di invalidità – poniamo – del 50%, questa percentuale indica che l’invalido, a causa della menomazione, sarà teoricamente in grado di svolgere la metà delle ordinarie attività che una persona sana, dello stesso sesso e della stessa età, sarebbe stato in grado di svolgere, come già ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 20630 del 13.10.2016; Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07.11.2014). “