• La strada non è una pista

Col semaforo verde non sempre hai ragione. Bisogna sempre usare la massima cautela!

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semaforo
Nonostante l’allegato “A” al D.P.R. 254/2006 (alias regolamento attuativo di quella grossa castroneria dell’indennizzo diretto) tenti di appiattire a “qualche caso” la valutazione delle responsabilità dei conducenti coinvolti in un incidente stradale, i professionisti del settore dovrebbero  fuggire da tale valutazione schematica, ed esaminare minuziosamente ogni dettaglio che il teatro del sinistro e le sue conseguenze offrono per superare o confermare la presunzione di responsabilità di cui all’articolo 2054 del Codice Civile.
 
A ricordarlo comunque ci pensano gli ermellini di Piazza Cavour che con la sentenza 17895, depositata il 18 ottobre 2012, attribuiscono una corresponsabilità, ad una motociclista che attraversando una intersezione regolata da impianto semaforico col verde, veniva urtata da un collega centauro che impegnava, invece il crocevia, nonostante la lanterna per lui proiettasse luce rossa.
 
I togati sostengono infatti che, la ricorrente viene ritenuta non esentata dall’obbligo di transitare usando prudenza e cautela, nonostante l’affidamento ingenerato dal semaforo. La Corte di Cassazione conferma quanto deciso in sede territoriale, ribadendo il principio dell’art. 2054 c.c.
Di seguito il testo integrale della sentenza
 
 
Corte di Cassazione Sez. Terza Civ. Sent. del 18.10.2012, n. 17895
Presidente Segreto – Relatore Giacalone
In fatto e in diritto
1. E..R. conveniva in giudizio A..C. e la sua assicurazione per la RA. C.A. R. s.p.a., per sentir dichiarare il C. responsabile della collisione, verificatasi il (…) verso le ore 8,50 in (…) , tra il ciclomotore da lui condotto e diretto da via (…) verso via (…) e la moto Yamaha tg. (…) dell’attrice che si stava dirigendo da via (…) verso Corso (…) ; pertanto, la R. chiedeva il risarcimento dei danni tutti, anche non patrimoniali, subiti nel sinistro; il C. restava contumace, mentre si costituiva la RA, chiedendo che fosse dichiarata la concorrente responsabilità delle parti nel sinistro, limitata al provato, comunque, la liquidazione del quantum. Essendo emersa nel giudizio la possibile concorrente responsabilità dei medici del Pronto Soccorso dell’Ospedale (…) nell’aggravamento dei danni cagionati dal sinistro, la R. , con separata citazione, conveniva altresì avanti al Tribunale di Genova detta Azienda Ospedaliera, per sentirla condannare in solido al risarcimento dei predetti danni. Riuniti i giudizi, il Tribunale riconosceva un concorso di colpa della R. nella misura del 30%, condannava tutti i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 63.675,54 oltre accessori, condannava l’Azienda Ospedaliera a corrispondere alla RA. la quota di risarcimento di Euro 30.288,43, oltre accessori e spese, determinata dal danno iatrogeno, qualora la RA. s.p.a. fosse stata costretta a corrisponderla alla danneggiata. Proponeva appello la R. , insistendo, tra l’altro, perché fosse dichiarata l’esclusiva responsabilità del C. per il sinistro o quanto meno aumentata la sua quota di corresponsabilità.


2. Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata il 22 febbraio 2006, la Corte d’Appello di Genova respingeva l’appello principale della R. e quello incidentale dell’Azienda Ospedaliera, osservando, per quanto qui rileva, che non era in contestazione la circostanza dell’avvenuto passaggio del ciclomotore del C. in (…) in presenza del semaforo rosso per la sua direzione di marcia (via …) , con manovra di svolta a sinistra nella piazza), così come non era più controverso che la collisione di fianco con la moto Yamaha della R. si verificò mentre il semaforo era verde per la stessa, che la conduceva praticamente per diritto da via (…) in (…) ; tuttavia, le incertezze evidenziate dal CTU circa la posizione “post-urto” della Yamaha e nella misurazione dell’esatta entità dello scarrocciamento (si vedano le differenti conclusioni nel rapporto della Polizia Municipale rispetto al CTU), si ripercuotevano inevitabilmente sia nell’approssimazione della determinazione della velocità rispettiva dei veicoli (il CTU ipotizzava 52-55 Km. h. per la R. e 30-35 Km. h. per il C. ), sia nell’individuazione del punto esatto di strisciamento tra di essi (la relazione del CTU lo ipotizza in prossimità dell’intersezione tra la linea di arresto relativa al semaforo verde per la direzione di marcia della R. e la linea spartitraffico, mentre, in rapporto, la Polizia lo colloca alcuni metri prima della citata intersezione); ne derivava, ad avviso della Corte territoriale, una situazione nella quale, certa la preponderante responsabilità del C. per il sinistro, non era possibile accertare se la condotta della R. fosse esente da ogni colpa, come richiesto dall’art. 2054 c.c., sia in punto velocità che in punto posizione della moto (perché la R. viaggiava sull’estrema sinistra della corsia di sinistra della semicarreggiata di sua pertinenza se non addirittura sulla striscia di mezzeria?, era, in ipotesi, in sorpasso di veicoli procedenti nella medesima direzione?, aveva veicoli sulla sua destra procedenti in colonna e cioè percorreva la corsia di sinistra in modo giustificato?, come mai non si è accorta, pur con l’eventuale visuale libera, del sopraggiungere del ciclomotore, come dimostra l’assenza di tempestive frenate? ecc. ecc). Concludeva, pertanto, la Corte territoriale che esattamente il primo giudice, quanto meno sotto il profilo della responsabilità presunta, aveva riconosciuto il suo concorso di colpa nel sinistro, né si vedeva perché esso dovesse essere determinato in misura inferiore, considerati i molti ed importanti punti oscuri della vicenda e la carenza di ogni specifica osservazione dell’appellante in argomento.
3. Propone ricorso per cassazione la R. , sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la RA. e chiede dichiararsi inammissibile e, comunque rigettarsi il ricorso. Questi sono i motivi di cui al ricorso, che deducono tutti violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c.:
3.1. errata valutazione del verbale redatto dalla Polizia Municipale in ordine al dettato di cui all’art. 2700 c.c., per avere la Corte territoriale confutato la validità di quanto stabilito nel verbale redatto dalla Polizia Municipale senza che vi fosse una querela di falso del predetto documento, disattendendo le risultanze del predetto documento sulla base delle semplici ricostruzioni (non certe ed approssimative) del CTU, che aveva tentato di ricostruire il sinistro stravolgendone completamente la dinamica contenuta nel verbale in questione. Le differenze sarebbero macroscopiche: 1) diversa ubicazione del punto d’urto e 2) mancato rilievo della velocità dei motocicli da parte della Polizia Municipale. La ricostruzione approssimativa del CTU, differente rispetto al verbale ed alla ricostruzione immediata dei fatti eseguita dalla Polizia Municipale immediatamente dopo il sinistro, eseguita peraltro dal CTU artificialmente, non avendo potuto ricostruire in loco il teatro del sinistro avvalendosi della planimetria esatta dello stato dei luoghi in quanto questa nel frattempo era variata, avrebbero convinto la Corte d’Appello a ritenere che non vi fossero elementi certi per valutare la dinamica del sinistro. Tale fatto sarebbe in contraddizione con il dettato dell’art. 2700 c.c., avendo la Corte territoriale attribuito valore maggiore alla ricostruzione, incompleta ed approssimativa a causa degli ostacoli obiettivamente incontrati dal consulente, di una CTU che contrastava macroscopicamente con fatti di notevole importanza. Anche la stima della velocità attribuita dal CTU ai veicoli non avrebbe potuto essere considerata dalla Corte d’Appello come elemento decisivo, posto che la stessa era stata ricostruita su elementi derivanti dalla stessa ricostruzione del CTU, fondata su elementi incerti e da lui stesso ricavati in modo approssimativo; mentre l’unico elemento inoppugnabile, certo ed incontrastabile sulla ricostruzione del sinistro era il verbale redatto dalla Polizia Municipale, che in questo modo era stato invece messo in discussione, riducendo il valore probatorio dell’atto pubblico a documento confutabile con una semplice CTU ricostruttiva, oltretutto approssimativamente documentata come dedotto anche nell’atto di appello (pag. 6 e 7);
3.2. errata valutazione e/o falsa applicazione dell’art. 144 C.d.S.comma 1 e comma 2. Il sinistro è avvenuto in una via centrale di Genova, strada all’epoca a due corsie e già normalmente trafficata, alle ore 8.30 circa del mattino, quindi nell’ora in cui il traffico era maggiormente congestionato. Avrebbe dovuto quindi applicarsi alla fattispecie l’art. 144 del C.d.S., secondo il quale la posizione sul margine sinistro, anziché destro, della carreggiata non costituisce comportamento in violazione al Codice della Strada. Rileva incidentalmente la ricorrente anche la contraddittoria motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. che avrebbe fornito la Corte d’Appello quanto alla decisione sugli elementi oggettivi acquisiti sulla dinamica del sinistro. Posto che il sinistro si era verificato unicamente perché il C. oltrepassava l’incrocio con luce semaforica rossa nel suo senso di marcia, mentre la R. stava transitando ed impegnando detto incrocio con luce semaforica verde, il fatto che quest’ultima si trovasse sulla corsia di percorrenza di sinistra (fatto consentito dall’art. 144 C.d.S.) avrebbe dovuto deporre, a maggior ragione, sull’avvenuto superamento della presunzione di corresponsabilità, come richiesto dall’art. 2054 c.c.: l’ubicazione del motociclo della R. , rispetto al punto d’urto, dimostrerebbe che la stessa, invece di concorrere all’evento dannoso, Io ritardò. Se ella si fosse trovata sul margine destro della corsia destra della carreggiata di sua percorrenza si sarebbe trovata più vicina alla strada dalla quale usciva il C. e quindi avrebbe anticipato il sinistro, con la conseguenza di diminuire le probabilità che il C. potesse per primo evitarlo avvedendosi della manovra errata da lui compiuta. Il fatto invece di trovarsi sulla corsia di sinistra della carreggiata di sua percorrenza avrebbe semmai diminuito le probabilità del verificarsi del sinistro, perché aveva posto più spazio tra la linea di arresto non rispettata dal C. ed il punto d’impatto e rendendo quindi il motociclo della R. ancora più visibile, posto anche il fatto che nel punto teatro del sinistro la strada è sinistrorsa.
3.3. conseguente violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’art. 2054 c.c. da tutto quanto premesso deriverebbe che la Corte d’Appello avrebbe disatteso detta norma in quanto:
3.3.1. le risultanze del verbale della Polizia Municipale di Genova, che non potevano essere confutate se non ex art. 2700 c.c. (procedura non intrapresa da alcuna delle parti in causa), deponevano in favore della ricorrente e si trovavano in evidente contrasto con la ricostruzione, rivelatasi approssimativa, eseguita dal consulente;
3.3.2. l’applicazione dell’art. 144 C.d.S., che depone sulla liceità della posizione del veicolo della R. al momento del sinistro (visto il luogo ove era avvenuto, circostanza risultante dal verbale redatto dalle autorità intervenute) avrebbe portato alla doverosa constatazione che tale posizione aveva semmai ritardato l’evento e che quindi la R. stessa avrebbe compiutamente adempiuto all’obbligo del superamento di concorrente responsabilità nel cagionare l’evento, previsto dall’art. 2054 c.c.;
3.3.3. l’assenza di prove certe per l’applicabilità di qualsivoglia diverso riferimento normativo del C.d.S. (a maggior ragione gli artt. 142 e 143 dello stesso meramente frutto di ricostruzioni approssimative eseguite dal CTU) l’acclarata mancata ottemperanza alle disposizioni di cui all’art. 145 C.d.S. ad opera del C.A. avrebbero dovuto condurre al superamento della presunzione di concorrente responsabilità delle parti coinvolte nel sinistro, con conseguente attribuzione esclusiva della stessa al C. , dato che il conducente dell’altro veicolo che impegna il semaforo con il verde non è tenuto ad osservare l’obbligo di una particolare circospezione, come nel caso di attraversamento con il giallo.
4.1. Il primo motivo – che deduce violazione dell’art. 2700 c.c., in relazione all’errata valutazione, da parte della Corte territoriale, del verbale della polizia municipale – è infondato. Non sussiste, infatti, l’indicata violazione di legge, dovendosi ribadire – conformemente alla costante giurisprudenza di questa Corte – che il rapporto di polizia fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un’attendibilità intrinseca che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria (Cass. 27 ottobre 2008 n. 25842; 9 settembre 2008 n. 22662; 20 marzo 2007 n. 6565; 28 aprile 2006 n. 9919; 15 febbraio 2006 n. 3282; 1 Luglio 2005 n. 14038; 8 giugno 2005 n. 11548; 24 giugno 2004 n. 11751 ; 25 giugno 2003 n. 10128).
4.2. Tanto si è verificato nella fattispecie. Infatti, la ricostruzione dei fatti operata dalla Polizia Municipale dopo il sinistro, in particolare la valutazione in tema di velocità dei veicoli coinvolti e l’ubicazione del punto d’urto iniziale, rappresentano indubbiamente elementi liberamente valutabili dal Giudice, non assistiti dalla fede privilegiata dell’atto pubblico; nella specie, è stata disposta consulenza tecnica d’ufficio proprio al fine di accertare il punto d’urto iniziale e la velocità dei veicoli antagonisti coinvolti e tale indagine ha condotto a risultanze diverse da quelle indicate nelle verbalizzazioni degli agenti operanti. Proprio vertendosi in materia di apprezzamenti e valutazioni tecniche, ciascuna effettuata con diverse metodologie, è verosimile che sussistano divergenze tra quelli degli agenti della polizia municipale e quelli del consulente d’ufficio. Al riguardo, le valutazioni della Corte territoriale risultano correttamente fondate sui dati non controversi acquisiti al giudizio: il passaggio del ciclomotore con il semaforo segnalante il rosso, il verificarsi dell’impatto mentre il motoveicolo Yamaha attraversava l’incrocio con il semaforo verde; d’altra parte, la Corte d’Appello ha sottolineato gli elementi di incertezza, con specifico riferimento sia alle conclusioni del CTU sia al rapporto della Polizia Municipale, per la posizione della Yamaha successiva all’urto, per l’esatta entità dello scarrocciamento, per l’esatta individuazione del punto di strisciamento tra i veicoli; la sentenza inoltre prende posizione sulla ricostruzione della velocità rispettiva dei veicoli, che congruamente, sotto il profilo logico – giuridico, stima approssimativa.
5. Anche il secondo motivo – che lamenta l’errata applicazione dell’ari 144 Cod. Strada, ritenendo la ricorrente che potesse viaggiare sul margine sinistro della carreggiata – è infondato. La Corte territoriale ha ritenuto che non vi fossero elementi per stabilire se la moto della R. viaggiasse correttamente sulla corsia di sinistra (p. 13). Trattasi all’evidenza di ricostruzione di incidente stradale rientrante nei poteri del giudice di merito.
5.1. Infatti, come costantemente affermato da questa Corte, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 25 gennaio 2012 n. 1028; Cass. 5 giugno 2007 n. 13085; Cass. 23 febbraio 2006 n. 4009; Cass. 10 agosto 2004 n. 13085; Cass. 2/03/2004, n.418ó; Cass. 25/02/2004, n.3803; Cass.30/03/2004, n.1758; Cass. 14 luglio 2003, n. 11007; Cass. 10 luglio 2003, n. 10880; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. 11 novembre 2002, n. 15809). Pacifico quanto precede, atteso che la ricorrente, lungi dal prospettare vizi logici o giuridici posti in essere dai giudici del merito e rilevanti sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, si limita – contra legem e cercando di superare quelli che sono i ristretti limiti del giudizio di legittimità, il quale, contrariamente a quanto reputa la difesa di parte ricorrente non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale sottoporre a un nuovo vaglio tutte le risultanze di causa – a sollecitare una nuova lettura delle prove raccolte in causa, è palese l’inammissibilità del motivo di ricorso in esame.
6. È infondato anche il terzo motivo, che lamenta l’errata applicazione dell’art. 2054 c.c. Secondo la ricorrente, l’attraversamento con luce rossa, ad opera della controparte, escluderebbe in assoluto la responsabilità del veicolo antagonista rimasto investito, nonostante fosse autorizzato al transito dalla luce verde.
6.1. Al riguardo, si deve, invece, ribadire che, in tema di circolazione stradale, il conducente che impegna un incrocio disciplinato da semaforo, ancorché segnalante a suo favore “luce verde”, non è esentato dall’obbligo di diligenza nella condotta di guida, che, pur non potendo essere richiesta nel massimo, stante la situazione di affidamento generata dal semaforo, deve tuttavia tradursi nella necessaria cautela richiesta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell’incrocio. Ciò non è altro che l’applicazione particolare del più generale principio, secondo cui il solo fatto che un conducente goda del diritto di precedenza non lo esonera dall’obbligo previsto dall’art. 102 cod. strada abrogato (ed, attualmente, dagli artt.140. 141, comma terzo, 145, comma primo, del nuovo cod. strada – D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), consistente nell’usare la dovuta attenzione nell’attraversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada, che non si attengano al segnale di arresto o di precedenza (Cass. 27/06/2000 n. 8744; Cass. 21/07/2006 n. 16768; Cass. 15/10/2009 n. 21907). Nella fattispecie, la Corte territoriale ha ritenuto – con motivazione non impugnata in questa sede sotto il profilo logico ex art. 360 n. 5 c.p.c. – che non fosse stata accertata la legittimità della condotta di guida della R. , né in relazione alla velocità né in relazione alla posizione sulla carreggiata sinistra, nonché che, riguardo a detta condotta ed ai vari “punti oscuri” relativi alla stessa fosse carente ogni osservazione dell’allora appellante.
7. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo nel rapporto tra le parti costituite. Nulla per le spese nei confronti degli altri intimati che non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, nei confronti della Compagnia assicuratrice, che liquida in Euro 3.800,00, di cui Euro 3.600,00 per onorario, oltre accessori di legge.
Depositata in Cancelleria il 18.10.2012